Tour virtuali e accessibilità. Un binomio impossibile?

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In tempi di Coronavirus le nuove tecnologie sono diventate prepotentemente parte integrante delle nostre vite, per lavoro e svago: smart working, lezioni on line, cloud computing, nonni e genitori che si ingegnano per fare videochiamate con nipoti e figli lontani, corsi on line di qualunque tipo, fitness, cucina e chi più ne ha più ne metta.
Non poteva mancare, per fortuna, in un Paese che vanta il 60% del patrimonio culturale mondiale, anche la possibilità di accedere virtualmente ai luoghi della nostra cultura e della nostra storia: i musei, almeno i più importanti che, purtroppo, come tante altre realtà sono, in questi giorni, chiusi al pubblico e quando riapriranno dovranno farlo con tutte le accortezze previste per i luoghi pubblici (igienizzazione, distanziamento, etc.), con tutte le difficoltà che questo comporta.

Ben venga quindi la possibilità di fare un giro virtuale al museo e ammirare i capolavori del nostro Rinascimento stando comodamente seduti sul proprio divano, visitare una mostra sull’archeologia e muoversi tra le sale dell’esposizione trascinando e cliccando col proprio mouse.
Al tradizionale sito web, con le schede e le foto delle opere si affianca, o sostituisce, la più eccitante ed immersiva visita virtuale in 3D a 360 gradi. Il colpo d’occhio abbraccia un corridoio o una sala con le opere esposte, proprio come se fossimo lì, possiamo girare lo sguardo verso un’opera, avvicinarci e leggere la didascalia, cliccando sul pallino che compare subito sotto. Straordinario.

Sono un informatico, ma lavoro da molti anni con persone disabili, in particolare ciechi e ipovedenti, cercando ogni giorno un modo per rendere accessibile e fruibile anche a loro quanto è disponibile per noi comuni “normodotati” e ogni volta che vedo un’applicazione delle nuove tecnologie, un sito, un’app per dispositivi mobili, un nuovo elettrodomestico, mi viene automatico chiedermi: “come fa un cieco ad utilizzarlo?”, “come può un daltonico vedere quel pulsante?”, etc. e ovviamente questa curiosità mi ha portato a fare un giro “bendato” anche in alcune di queste “sale virtuali”.

 

Accessibilità

Possiamo dire, semplificando, che realizzare un sistema accessibile vuol dire creare qualcosa che l’utente possa utilizzare indipendentemente dalla sua dotazione tecnologica e dalle sue abilità sensoriali. Un’informazione dev’essere veicolata in modo che possa essere percepita tramite più di un senso e l’attivazione di una funzione non dev’essere limitata ad un solo dispositivo di input.

Al giorno d’oggi, i linguaggi più diffusi, per la realizzazione di prodotti web, mobile, etc. dispongono di strumenti che consentono agli sviluppatori di prevedere il supporto per le tecnologie assistive utilizzate da persone disabili. Quando creiamo qualcosa, dobbiamo ricordarci che tra i destinatari del nostro prodotto vanno incluse anche queste persone e per fare ciò bisogna documentarsi e utilizzare gli accorgimenti suggeriti da linee guida ormai internazionalmente riconosciute.

Tornando al nostro tour virtuale, e semplificando un po’ le cose, facciamo un giro accompagnati da un cieco.
Sono due gli aspetti, a mio avviso, da tenere in considerazione per quanto concerne l’accessibilità:

  1. L’accessibilità dell’interfaccia
  2. L’accessibilità dei contenuti e dell’esperienza in generale.

Partiamo dal primo punto, ovvero dalla possibilità di utilizzare il sistema per poter fruire dei contenuti. 

Testi alternativiIl cieco usa il computer, il tablet o il telefonino grazie ad uno screen reader, ovvero un programma con il quale esplora gli oggetti visibili a schermo, come farebbe se entrando in una stanza dovesse farsi un’idea di quello che c’è dentro, uno ad uno toccherebbe sedie, tavoli, maniglie e quant’altro sia presente all’interno dell’ambiente. Un’esplorazione sequenziale quindi, manca la visione d’insieme. Il programma salta da un elemento all’altro e, per ciascuno, informa l’utilizzatore sul tipo di controllo su cui si trova il focus in quel momento (pulsante, campo di testo, link, etc.) e sulla funzionalità che questo svolge se si tratta di un’azione, o sul un dettaglio dell’elemento se si tratta di altro, ad esempio un’immagine.

Qui entrano in gioco varie questioni. Cercando, ribadisco, di semplificare quanto più possibile e limitandoci solo alla nostra visita, scopriamo che gran parte dei pulsanti non hanno un’etichetta alternativa che lo screen reader può leggere al cieco, visto che quest’ultimo non vede la freccina per voltarsi a destra o la lente di ingrandimento per “zoommare”.
Questa etichetta, quando c’è, può non essere visibile a schermo, ma serve a questo software per informare il non vedente delle funzioni di ciascun pulsante. Se l’etichetta manca e l’oggetto non è riconosciuto correttamente, è come se il nostro cieco si muovesse nella stanza dell’esempio sopra per capire cosa ha intorno ma, ciascun oggetto (sedie, tavoli, etc.) fosse imballato in un involucro di plexiglass. So che c’è qualcosa, forse fa qualcosa, ma non so cos’è e cosa fa.

Spesso infatti gli oggetti a schermo non sono riconosciuti dallo screen reader per quello che graficamente sono e quindi potenzialmente fanno, ad esempio un pulsante può non essere visto come tale e questa informazione non viene fornita al non vedente che quindi non saprà mai che tramite quell’oggetto può svolgere un’azione. 

Cieco che usa il computerAltro aspetto è quello dell’input. Spesso questi sistemi prevedono un uso intenso e più o meno esclusivo del mouse: click (es. clicca sul pallino per maggiori informazioni), hover (mantieni la freccia del mouse per qualche tempo su di un elemento perché compaia il popup), trascina per ruotare, zoommare, avvicinarti, etc., ma il cieco non usa il mouse! Non vede il puntatore, non sa dov’è, non sa dove clicca, se clicca e, quindi, semplicemente, non clicca anzi, stacca il mouse dal suo computer o disattiva il touchpad del suo portatile, per evitare di compiere, inavvertitamente, azioni di cui potrebbe pentirsi.

Il nostro tour, forse, non può neanche cominciare, visto che non clicchiamo.

In realtà qualcosa, usando la tastiera, si riesce a fare e quando, faticosamente, il focus del nostro screen reader entra “nella sala virtuale” vediamo che premendo le frecce direzionali otteniamo lo stesso effetto del trascinamento del mouse. Ci giriamo, avanziamo, guardiamo verso l’alto, etc…

Il cieco non lo saprà mai. Tutto è silenzio, tutto è uguale.

Qui entra in gioco l’aspetto contenuti ed esperienza. 
Ci saremmo potuti dilungare ulteriormente sul primo punto e introdurre altri elementi, ma un approfondimento ulteriore esula dalle finalità di questo articolo.

Fornire ad un non vedente un’esperienza simile o paragonabile a quella di una persona vedente che si muove all’interno di un ambiente, osservando le varie opere nel loro insieme ed andando nei dettagli di quelle a cui è interessata, comporta inevitabilmente l’utilizzo di suoni: suoni ambientali, passi, rumori di fondo, musiche e, ovviamente, audiodescrizioni delle opere, o quantomeno la possibilità di accedere alle didascalie testuali (opzione che ricade nel primo punto).

Creare quindi un’esperienza di visita virtuale veramente fruibile e arricchente per una persona disabile, non vedente nel caso specifico, richiede un’attenta progettazione, che non sia una mera riproduzione, visiva e non, degli ambienti della struttura, ma qualcosa che permetta di fruire in maniera alternativa, ma proficua, dei contenuti presenti nell’esposizione, probabilmente un investimento che non è limitato a rendere accessibile e fruibile l’applicativo utilizzato per somministrare l’esperienza, ma la produzione di contenuti idonei, accessibili e la loro disposizione negli spazi dell’allestimento virtuale.

 

Conclusioni

Dobbiamo quindi rinunciare ad offrire quest’esperienza anche alle persone con disabilità? Ovviamente no, ma è evidente che in un contesto del genere, il creare un’esperienza accessibile può avere un impatto molto importante in termini di costi e il risultato potrebbe non essere altrettanto soddisfacente ed efficace. La creazione di sistemi accessibili “paralleli” è sempre vivamente sconsigliata, ma in questo caso, più che in altri, viene naturale chiedersi se non sia da valutare un sistema alternativo, più immediato, accessibile e che consenta a chi ha difficoltà, di fruire appieno delle informazioni messe a disposizione e godere delle opere del nostro straordinario patrimonio culturale. 
Il nostro obiettivo dev’essere sempre la massima integrazione, per cui, se si opta per il tour 3D, occorre che l’applicazione sia utilizzabile con le tecnologie assistive e che, tramite la stessa, si possa accedere a descrizioni testuali, audio e/o video che descrivano le opere in una maniera accessibile e semplificata.
In medio stat virtus insomma. La virtù è nel mezzo dei due estremi, che sono egualmente da evitare.

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